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Novembre 2014

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Viaggio nel sud dell'India

Sono tornato da pochi giorni da un viaggio di lavoro nell’India meridionale, precisamente a Cochin una città di circa 600.000 abitanti, nello Stato Federale del Kèrala. Cochin, con la denominazione moderna, Kochi, è formata da due isole, di forma oblunga e disposte come due grandi navi una affianco dell’altra bagnate dal mare arabico, ad ovest della terra ferma. Su questa si espande Ernakulam, una più vasta area di città ricca di lagune, canali, torrenti, fiumi, distese di palme di noci da cocco. L’isola maggiore è un’area dedita soprattutto alla pesca e al turismo.

L’isola minore, Willingdon Island, è un’isola artificiale, creata nel 1936 dal britannico Lord Willingdon, che ne fu governatore. In quest’ultima è situato un grande e moderno porto commerciale ed un’importante base della Marina Militare (the Southern Naval Command). I militari che lavorano in questa base hanno a disposizione una vasta area recintata e protetta, fornita di scuole, centri sportivi, ospedali, abitazioni, un aeroporto militare, il porto e tutto ciò che occorre per essere autosufficienti e vivere insieme alle proprie famiglie. Nessuno può accedervi o scattare foto, se non munito di speciali permessi.

Sulla terra ferma, si specchia ad essa il Cochin Shipyard LTD, uno dei più grandi cantieri navali di tutta l’India, dove ho lavorato per il periodo in cui ho soggiornato. Qui Fincantieri partecipa alla costruzione della 1a portaerei Indiana interamente costruita in loco, la Vikrant, che vedrà il completamento e la consegna alla Marina Militare Indiana nel 2018.

Sono molte le aziende europee che partecipano al progetto. Questo perché l’India sta investendo notevoli risorse economiche in tecnologia ed addestramento del personale, ma non possiede ad oggi il know-how necessario per realizzarla.

Fincantieri fornisce tutta la linea propulsiva costituita da 4 turbine a gas da 134.400 CV (100,4 MW) totali complete di riduttori, linee d’assi, cuscinetti, mozzi elica ed elica a pale orientabili che consentiranno alla portaerei di viaggiare ad una velocità di 28 nodi (52 km/h).

Traducendo per i non addetti ai lavori, se con 3 kW diamo corrente ad un’abitazione civile standard, con un’analoga potenza delle 4 turbine possiamo illuminare una città di 33.000 abitazioni, ovvero, per una media di 3 abitanti ad abitazione ed un consumo medio di 1,5 kW/ora una città di 200.000 abitanti!

Altri numeri interessanti sono ad esempio che la sola elica ha un diametro di 6 m e pesa, insieme al mozzo, 60 ton, gli assi che collegano l’elica alle turbine hanno una lunghezza di circa 100 m e l’intera nave è lunga più di 260 m. Potrà ospitare 40 aerei e un equipaggio di 1400 persone.

Attualmente, sono iniziate le operazioni di allineamento, che prevedono di raggiungere una precisione su tutto l’asse, dalle turbine all’elica, dell’ordine del

centesimo di millimetro! Sono per questo stato inviato ad effettuare il controllo e la supervisione dei lavori, ed a illustrare loro le fasi successive.

Durante la mia permanenza in India ho pensato di contattare il presidente del Rotary Club”Cochin Central”, Mr. Bijoy Mathew, chiedendogli aiuto nell’indicarmi i luoghi migliori della zona dove eventualmente poter stazionare nei miei prossimi futuri viaggi di lavoro.

La disponibilità di Bijoy, ad una semplice mia telefonata, è stata a dir poco strepitosa.

Mi è venuto a prendere nel mio hotel con la sua auto e mi ha portato nella sua casa, presentandomi la moglie e le sue due splendide figlie, di 12 e di 16 anni. Bijoy abita con la sua famiglia in un grande appartamento al 12° piano di un prestigioso grattacielo ad est di Ernakulam, da cui si può godere di un panorama mozzafiato sull’intera città e del verde della fitta vegetazione di Cochin. Il grattacielo ha al suo interno una grande piscina, un fitness club ed una sauna ad uso esclusivamente privato.

La moglie, dolcissima e splendida in abiti indiani mi ha offerto un tè e degli ottimi dolci fatti in casa, le figlie, vestite in jeans e all’ultima moda si sono presentate con un inglese perfetto e velocissimo, e spiegandomi entusiaste tutto ciò che di bello può mostrare la loro città e i suoi dintorni. Ho ringraziato e continuo a ringraziare tutt’ora Bijoy per la disponibilità dimostrata in quella domenica pomeriggio. Ma non finisce qui, perché la sera stessa Bijoy mi chiama chiedendomi se ho voglia di relazionare al suo club sull’Italia e sulla situazione politico-sociale che l’Italia e l’Europa in genere stanno attraversando attualmente. Accetto molto volentieri ed il giovedì seguente sono al club a ricevere una calorosa accoglienza da parte di tutti i membri rotariani e a tenere la mia relazione, mettendomi a loro disposizione nel rispondere alle domande che numerose si sono susseguite. Non è mancata la domanda di cosa ne pensassi della vicenda dei nostri Marò, che per l'appunto sono stati arrestati dalla Marina Indiana nel porto di Cochin.

L’auditorio è diventato per un momento molto attento e silenzioso in attesa della mia risposta: “Penso che la cosa più giusta sia che una parte terza valuti e giudichi l’operato dei nostri Militari. Noi come Italiani difendiamo i nostri Marò, riteniamo che abbiano fatto il loro dovere e che debbano quindi essere reimpatriati al più presto, voi, difendete la vita persa dei due pescatori e il dolore delle loro famiglie. Credo quindi che la migliore scelta sia quella di affidare il giudizio ad un Tribunale Internazionale, estraneo a qualsiasi interesse di parte che approfondisca e valuti imparzialmente l’intera vicenda”. Applausi e sorrisi, meno male, è andata bene! Ma sicuramente sarebbe andata bene qualsiasi altra risposta avessi dato, visto la tolleranza per il pensiero altrui che hanno sposato tutti i membri del Rotary!

Bijoy, da ottimo presidente, mi ha fatto sedere accanto a lui di fronte a tutti i membri del club e alla fine della serata mi ha donato un simpatico pensiero per me e per mia moglie.

Il club è composto unicamente da uomini (ma ho visto in internet altri club rotariani indiani di genere misto), e una volta al mese si riunisce con tutte le famiglie.

Sono estremamente affascinati dalle bellezze del nostro Paese, e molti di loro sono venuti più volte in qualità di turisti o uomini d’affari. Ho ricambiato loro la disponibilità dimostrata nei miei confronti promettendo ospitalità nella mia casa in una futuro viaggio in Italia. La serata si è conclusa con uno scambio di una miriade di bigliettini da visita, strette di mano e promesse di rivederci, presto o tardi, in un Paese o nell’Altro.

Ho avuto conferma quindi di quanto effettivamente è grande il nostro Rotary e quante porte possono aprirsi nel Mondo con una semplice telefonata, all’insegna dell’amicizia più disinteressata e della grande cordialità ed ospitalità di tutti i suoi membri.

Mi accingo ora a descrivere meglio il luogo in cui sono stato, per chi ne fosse incuriosito.

Lungi da me aver capito in soli 15 giorni la cultura, gli usi ed i costumi Indiani, credo che ci vorrebbero svariati anni per comprenderli appieno, riporto solo le impressioni personali del mio primo viaggio in questo incredibile Paese.

L’India cresce oggi ad una media del 5% annuo. La maggior parte della popolazione parte da uno stato di povertà assoluta, tuttavia grattacieli di 20 e più piani spuntano dappertutto come funghi, la metropolitana messa in costruzione da appena un anno verrà completata tra soli due anni e solo a vederla si rimane stupefatti del lavoro svolto in così poco tempo: in Italia siamo abituati a vedere realizzate opere del genere in non meno di 10-15 anni!

Vi è ancora una cospicua parte della società che vive ancora in baracche non elettrificate e senza bagni. Il Governo Indiano sta finanziando a fondo perduto un contributo a chi volesse costruire un bagno nella propria abitazione.

Si trovano in ogni angolo mestieri oramai dimentichi e scomparsi qui da noi: l’ombrellaio (il riparatore di ombrelli), il ciabattino, il falegname, le sarte, il venditore di spezie o di saponi o di essenze artigianali.

E’ uso mangiare con le mani, più precisamente unicamente con la destra, essendo la mano sinistra ritenuta impura. Questa è una vera e propria tradizione locale che gli Indiani difendono (the Indian traditional way to eat), in quanto ritengono che per

gustare appieno il cibo bisogna anche saggiarlo attraverso in tatto. In Kèrala il cibo è come ci possiamo facilmente immaginare molto speziato e per lo più simile ai nostri riso e legumi o vegetali, comunque molto buono. A seconda del cuoco può essere più o meno piccante. Il pane (chapati) è sottile e morbido, non lievitato. Si mangia molta frutta, varie specie di banana, succhi e spremute e poi carne e pesce senza restrizioni. L’Indian Coffee è molto simile al nostro latte e caffè. I tè sono dei più svariati, ce ne sono innumerevoli qualità e differentemente trattati.

Relativamente al clima, in inverno scende intorno ai 22°C, in estate sale fino ai 38°C, ma è l’umidità che la fa da padrona oscillando spesso tra il 90 e il 99%. Nel periodo dei Monsoni che va da giugno ad agosto, piove a dirotto, una pioggia fitta e battente, molto simile alla doccia aperta nei nostri bagni, che dura per giorni e giorni ininterrottamente. La scuola inizia a Giugno anziché a Settembre, dopo la stagione estiva di Aprile e Maggio, periodo in cui il clima diventa davvero difficile da tollerare. La densità della popolazione è di 6000 persone a Km2 e ciò crea incessanti ingorghi nel traffico, a qualsiasi ora del giorno. Gli autobus, i camion, le moto sono tutti rigorosamente degli anni ’50. Il mezzo più usato dal turista per muoversi in città è il tuck-tuck, delle sorti di Api Piaggio modificate da taxi. Spesso si incontrano per strada mucche, capre, processioni religiose (con incluso gli elefanti), e non mancano manifestazioni operaie.

Il Kèrala infatti è uno stato che ha subito varie dominazioni e influenze (portoghese, inglese, olandese, e l’ultima russa). La dominazione russa, in particolare ha creato un prototipo di stato comunista, dove trovano tutt’ora spazio le varie istanze dei lavoratori e rendono, d’altro canto, il territorio avverso ad un libero sviluppo industriale: le multinazionali preferiscono infatti per tali ragioni evitare il Kèrala, propendendo per altri luoghi dell’India più malleabili nei loro confronti. Il comunismo ha poi creato una elevata percentuale di popolazione alfabetizzata, con scuole, istituti tecnici ed Università di Ingegneria e Legge molto efficienti e progrediti, rendendo di fatto questo Stato uno se non il più progredito e acculturato dell’India. Ultimamente però anche il governo comunista del Kèrala è dovuto scendere a patti con l’opposizione, patteggiando con essa per poter andare comunque avanti nelle riforme.

Una curiosità: in Kèrala è vietato l’uso dell’alcool, persino bere una birra a cena nei ristoranti! Tuttavia in alcuni luoghi è possibile ancora commercializzarlo. Lo Stato del Kèrala produce una bevanda alcoolica dalla fermentazione della noce di cocco, il Toddy, ed è l’unico alcool che al momento è possibile acquistare. Per gli anni a venire il Governo sta valutando un ulteriore inasprimento delle leggi.

Ci sarebbe da scrivere molto altro ancora, sulle particolarità di questo stravagante sub-continente in cui tutti gli eccessi convivono insieme in un inspiegabile equilibrio, in un melting-pot di culture, di lingue, di religioni, di costumi, di usanze, di colori, di eccessi, di estrema ricchezza ed estrema povertà, di una natura esplosiva e indomabile e pur tuttavia in perenne lotta di sopravvivenza contro la sua creazione

forse la più perfetta, l’essere umano, responsabile di continui ed efferati atti contro di essa.

Magari in un’altra occasione…

Antonio Negro

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